La VITA, proprio per la sua ragione di essere, si confronta spesso con la MORTE.
Quando si pensa alla propria fine, questa riflessione si accompagna a quella sul modo in cui viviamo la nostra esistenza; ciò può spingerci a cercare significati alla nostra vita e a darle un senso attraverso le nostre scelte, i nostri valori e i nostri obiettivi. Il tempo è limitato, quindi è prezioso, e diventa altrettanto prezioso ciò che se ne può fare.
Vivere costantemente con la PAURA della morte può portare a reazioni differenti: o l’ansia e l’eccessiva preoccupazione nell’autoconservazione, fino ad un’immobilità che incide negativamente sulla qualità della vita; oppure la ricerca ossessiva del massimo godimento senza la possibilità di creare nulla di significativo a lungo termine, o ancora la sfida alla morte attraverso comportamenti a rischio.
Una vita soddisfacente si può considerare, in linea generale, un insieme di elementi in comunicazione fra loro, ovvero una vita che ha in sé uno spazio di godimento, uno di progettualità e uno dedicato al significato di ciò che si è e di ciò che si compie.

La MORTE di una persona cara è uno degli eventi più dolorosi che ciascuno di noi si ritrova, prima o dopo, ad affrontare, in quanto il LUTTO ci mette in relazione con la PERDITA.
Perdere una persona che amiamo significa sopravvivere alla fine di un mondo che è unico e che non tornerà mai più (A. Schopenhauer). Per questo Bowlby afferma che solo il ritorno della persona perduta potrebbe essere un reale conforto, per questo i tentativi di consolazione sono spesso respinti, vissuti quasi come un’offesa. Con lei muore anche un pezzo del nostro mondo che era intimamente connesso con la sua esistenza e il vuoto non può, e non deve essere riempito con altro.

Il percorso di ELABORAZIONE DEL LUTTO presenta delle tappe necessarie, in cui si affrontano tutti i significati che si intrecciano in questo avvenimento così complesso, nonché tutti i sentimenti ad esso collegati. Alcune morti, più di altre, possono ad esempio sollevare sentimenti di ingiustizia, in particolare quando la persona è giovane ed è stata portata via da una malattia o da un incidente. Altre morti, magari “attese” come quelle che coinvolgono genitori anziani, possono lasciarci con in mano questioni irrisolte e con la consapevolezza che dovremo scioglierle da soli. Tutto ciò ha bisogno di tempo proprio per la complessità delle questioni da affrontare, che sono sia proprie dell’avvenimento unico e specifico, sia legate al nostro rapporto con la persona che se ne è andata, sia riguardanti noi e il nostro personale modo di affrontare il dolore , la perdita e la morte e, infine, relative alla persona vera e propria che è quel mondo speciale che non c’è più.
Bowlby afferma che chi affronta un lutto passa inizialmente da una prima condizione di STORDIMENTO, in cui tutto è confuso e possono emergere sensazioni molteplici fra cui shock, rabbia, apatia. Una volta che ci si rende conto che è davvero successo, si passa alla fase di RICERCA della persona perduta e di STRUGGIMENTO. In questa fase è ancora impossibile crederci e si cerca una colpa, per poter dare un senso a ciò che è accaduto. L’accettazione intima della perdita permanente conduce ad uno stato di momentanea DISORGANIZZAZIONE e DISPERAZIONE, in cui c’è l’incontro con il dolore vero e proprio. Se lo si affronta e lo si vive senza evitare di sottrarvisi, allora si può elaborare veramente il lutto e arrivare, profondamente trasformati, all’ultimo stadio che è LA RIDEFINIZIONE DI SÉ E DELLA SITUAZIONE. In questa ultima fase l’esperienza è integrata dentro di noi e in quello spazio che soffriva di un doloroso vuoto ora albergano i ricordi, che vanno da esperienze banali fino alla conservazione di valori e mete condivise con la persona che non c’è più.

Anche l’intero sistema FAMIGLIARE ha un percorso di elaborazione del lutto che deve essere vissuto in qualità di gruppo, oltre che personalmente dai singoli membri. Le tappe necessarie all’interno della famiglia sono:
– l’accettazione della perdita favorendo l’espressione della tristezza in ogni membro della famiglia;
– il raggruppamento e la chiusura della famiglia nei confronti dell’esterno per permettere una riorganizzazione e ridistribuzione dei ruoli famigliari e della comunicazione tra i membri;
– la riorganizzazione delle relazioni con l’esterno;
– la riaffermazione dell’appartenenza al nuovo sistema famigliare e l’accettazione di una nuova tappa del ciclo famigliare.

Dott.ssa Silvia Roncallo

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